SICILIA

Sarò sintetico. Regione stupenda, paesaggi mozzafiato, gastronomia superlativa, ideale per un viaggio in moto. Ma sopratutto Gente stupenda. Il mio itinerario, Lecco - Amalfi-Messina- Milazzo- Palermo- Città del mare (Terrasini)- Segesta-Erice-Trapani-Selinunte-Agrigento-Modica-Noto-Siracusa-Rifugio Sapienza (Etna)-Taormina, di nuovo Messina poi Roma e a casa a Lecco. Totale 3.980Km. Ma un consiglio ve lo devo dare,......non andateci ad agosto, il caldo sopratutto da mezzo giorno in poi è asfissiante, nonostante comunque tiri una leggera brezza. Poi sull'Etna magari faceva freddo, ...ma solo li. Andateci a Maggio, Giugno, magari Settembre. Andateci....ma non ad agosto in moto.

Spero le foto, che non posso ovviamente pubblicare tutte rendano l'idea.

 

Un ringraziamento speciale ad una Signora, guida autorizzata alla valle dei templi di Agrigento, che ha dimostrato oltre alla competenza professionale, grande umanità, estrema gentilezza e grande amore per la sua Terra.

Avevo detto "sarò sintetico", ma non è possibile attraversare questa stupenda terra senza lasciarsi cogliere da emozioni spontanee e sincere. L'attesa comincia sul traghetto, pensavo ad un imbarco estenuante e faticoso, memore di esperienze greche, invece tutto si svolge con una procedura veloce e sbrigativa. Devo dire che il biglietto di imbarco lo avevo acquistato in una stazione di servizio sull'autostrada e sicuramente questo è stato un punto di vantaggio. Una ventina di minuti e si sbarca a Messina, sono le 16,00 ed è nostra intenzione avviciinarci il più possibile a Palermo percorrendo la costa nord dell'isola. Evitando accuratamente di evitare di ritrovarmi in autostrada, seguo il garmin ed i cartelli segnaletici con indicazione Milazzo, cefalù, Palermo.

COSTIERA AMALFITANA

Di tutte le strade che ho percorso è sicuramente una delle più spettacolari , suggestive ed indimenticabili. Paesaggi mozzafiato si alternano ad emozioni uniche per un motociclista. Anche  chi come me la percorre tranquillamente senza ambizioni corsaiole, non può fare a meno di apprezzare , curva dopo curva, sensazioni uniche e speciali. Dopo una giornata faticosa, calda e a tratti trafficata, con una moto diventata "pesante" anche per gli 840 km già percorsi in autostrada, questi ultimi 40, che ci separano da Amalfi, hanno da subito, come si imbocca la litoranea sorrentina una valenza completamente diversa.

Lasciata alle spalle la periferia di Napoli e i borghi della cinta vesuviana, è la vegetazione a darci il benvenuto facendoci notare che l'ambiente è mutato. La macchia mediterranea con i suoi pini marittimi, alternati alle palme e agli arbusti spontanei, ispirano un senso di refrigerio, un riparo dal sole infuocato che anche alle 17 pomeridiane inesorabilmente ci "cuoce" dentro il casco e l'abbigliamento tecnico.

La costa sul versante sorrentino è molto frastagliata, ma alta sul mare, le falesie si alternano a brevi tratti sabbiosi e a piccole insenature dove trovano albergo porticcioli naturali. Ville di ogni forma e dimensione annegate fra la vegetazione riempiono il verde intenso degli alberi con macchie vivide di colori, senza mai però risultare eccessive o fuori luogo. I paesi che attraversiamo sono popolatissimi, sulla strada si affacciano ogni genere di attività commerciali, ma l'attenzione è rivolta agli addobbi delle case dove fiori, ghirlande di peperoncini nelle molteplici varietà cromatiche del rosso e del verde incorniciano gli architravi delle porte e le ringhiere dei balconi.

La stanchezza si fa sentire, soprattutto quando il traffico è ostruito dai numerosi autobus che percorrono nei due sensi la carreggiata e spesso devono manovrare per poter procedere; la moto con passeggero e carico, ad andature lente, e nell'attraversamento dei nuclei abitati, fa sentire il suo peso, complessivamente penso sia molto vicina ai 600 kg. Come però si può allungare, questa sensazione scompare e curva dopo curva, (in effetti non esiste un tratto rettilineo più lungo di 100mt) il procedere diventa, motociclisticamente parlando "godimento puro".

I paesi sono stupendi, la sensazione è letteralmente quella di attraversare un presepio a grandezza naturale. Improvvisamente a cavallo di gole e valli impervie compaiono abitazioni che sfidano le leggi di gravità e sembrano partorite direttamente dalla fantasia di Tolkien. Non sono facile alle meraviglie, vivo in un ambiente che considero un dei migliori posti al mondo, la litoranea lariana , soprattutto quella interna che ha per vertice alto Bellagio è una strada bellissima da godersi in sella ad una motocicletta, ma credetemi, per chi può permettersi il paragone, questa lo è ancora di più.

Poi si arriva ad Amalfi, siamo stremati, ma la fatica non riesce a superare la meraviglia. Ovviamente, quasi freneticamente cerchiamo l'albergo prenotato anticipatamente. 

A picco sul mare. Il panorama dal balcone della camera è spettacolare.

La doccia diventa ora il più sublime dei desideri, ed insieme al sudore, si lava via anche un po' di stanchezza, abbastanza da indurci a mescolarci alla moltitudine di turisti e popolani che affollano i vicoli di quasto antico borgo ricco di cultura e di storia......e di specialità gastronomiche.

Seduti ad un tavolino, davanti ad un aperitivo, di fronte allo stupendo duomo di Amalfi, degli 890 km percorsi in una giornata , per giungere fin qui, quasi non ne vediamo l'ombra.  Se qualcuno mi legge e vuole accettare un consiglio, in tutta sincerità......è un'esperienza da non perdere.

 

Provenza

Bellissima meta. Concordo naturalmente con quanto di positivo si conviene su questa destinazione. Se posso permettermi aggiungerei magari di far sosta nei dintorni di Aix-en-Provence in una delle numerose cantine dove si potrà degustare , giusto per togliersi la polvere di bocca dello squisito Cote-du-Rhone, nelle soluzioni rosso, bianco e il mio preferito, rosato. A parte Avignone, io sono rimasto entusiasta della Camargue. Si può raggiungere da Arles, attraversando una stupenda campagna, o dalla costa, oltrepassata Marsiglia in direzione Martigues. Qui non conviene seguire la costa, in quanto si attraverserebbe una zona industriale zeppa di raffinerie , con l'aria piena di olezzi irrespirabili..Seguendo la A55, costeggiando per in tratto l'Etang-de-Berre, con numerosi porti turistici, si arriva a Martigues, per proseguire per Fos.sur-Mer, dove praticamente si entra in Camargue. Qui non ci sono problemi, basta seguire una delle stradine che si insinuano nei meandri prodotti dai canali e dagli acquitrini per trovarsi in un paesaggio fantastico, in mezzo ad una natura incontaminata, con aironi e tutta una moltitudine di uccelli di palude che sbucano da ogni parte. Il tutto condito da vere e proprie mandrie di tori e cavalli allo stato brado che pascolano indisturbati. Tutto questo in piena solitudine, al massimo si possono incontrare dei guardia parco , che rassicurano sulla sensazione di essersi persi.

Le cittadine di riferimento, molto graziose e ricche di storia e di leggende sono St. Maries-de-la-Mer, posta sulla costa, con un ampio argine sabbioso, posta alla foce di uno dei rami in cui si divide nel suo ampio delta il Rodano. Qui si mangiano delle ostriche da Dio, innaffiate dal vinello di cui sopra. Un'altra possibilità è quella di affittare una house-boat e di girare con questa nei canali,

un'esperienza che consiglio. L'altra cittadina è Agues-Mortes, posta più all'interno, un “villaggio” medievale, racchiuso da un quadrilatero di mura fortificate. Passeggiare per le stradine dal fondo acciottolato o lastricato riporta indietro nel tempo. Poi, sulle strade, si trovano numerose fattorie, paragonabili ai nostri agriturismo, dove oltre ad un soggiorno sicuramente gratificante, vengono proposte gite a cavallo (quello senza motore) , partenza all'alba, per osservare lo spettacolo della natura da vicino. Perdonate il mal celato entusiasmo ma vi ho trascorso una vacanza meravigliosa.

Grecia - Meteore

""Tra le montagne del Pindo e degli Hassia, dove la  fertile pianura della Tessaglia confina con le prime alture di queste montagne della Grecia centrale, sono situate le Meteore.

Delle enormi rocce di colore scuro si innalzano all'estremità della pianura tessalica, creando un quadro grandioso e selvaggio.""

E' uno spettacolo impressionante, tanto è imponente per la sua grandezza e le sue forme.

Le Meteore fanno nascere nel visitatore sentimenti di timore e venerazione, lo spettacolo che si apre di fronte ai propri occhi richiama sensazioni mistiche ma anche scenari inquietanti.

""I monasteri di Varlaam (in basso a destra), della Trasfigurazione (in alto) e di S. Nicola Anapafsa (a sinistra) sembrano i fedeli guardiani della tradizione cristiana, tre sopravvivenze di un modo di vita monastica che raggiunse il suo apogeo nelle Meteore 500 anni fa.

Non esistono leggende sulle Meteore e la mitologia non si è occupata di questo fenomeno straordinario. La loro.esistenza si perde nella notte dei tempi, ma solo nell'ultimo millennio gli storici hanno cominciato ad occuparsene.

Questo imponente fenomeno geologico, unico al mondo, è stato studiato a più riprese da geologi greci e stranieri, senza tuttavia che essi siano potuti arrivare ad una conclusione concorde per quanto riguarda l'origine di queste rocce giganti. Sembra che la teoria più vicina alla realtà sia quella del geologo tedesco Philipson, venuto in Grecia verso la fine del secolo scorso. A suo avviso queste enormi masse di roccia sono state create da un conoide di deiezione, cioè dai detriti (ciottoli fluviali e pietre calcaree) depositati da un grande fiume che, milioni di anni fa, si versava in un golfo profondo nel mare che allora copriva la Tessaglia.

Nel corso delle età geologiche questo deposito si modificò in una massa solida e compatta di conglomerato calcareo che fu quindi sottoposta ad una intensa opera di dilavamento quando le acque si ritirarono attraverso la valle di Tempe nell' attuale Mare Egeo. Più tardi, durante l'era terziaria, si formò il ripiegamento alpino della catena del Pindo, provocando una frattura tra queste rocce e formando tra loro la valle del fiume Peneo.

La natura inaccessibile e selvaggia del luogo assicurò agli abitanti, nel corso dei tempi, una valida protezione contro le incursioni degli invasori che a più riprese entrarono in Tessaglia. Queste rocce furono all'inizio un asilo sicuro per gli eremiti e più tardi per i monaci che, rinunciando al mondo, si sentivano più vicini a Dio, tendendo a raggiungere la perfezione della vita cristiana con la carità e le privazioni, nella pace celeste di queste rocce.

Questi asceti, all'inizio eremiti isolati, pregavano in piccole cappelle che si chiamavano «oratori». In seguito, poco a poco, si unirono a formare delle comunità religiose, per vivere più compiutamente il loro impegno cristiano.

Non si sa quando le Meteore siano state abitate per la prima volta. Tutte le fonti scritte esistenti risalgono ad epoche in cui la vita monastica era già organizzata. Alcuni bizantinologi sostengono che esistessero dei monaci organizzati in conven­ti già prima del secondo millennio d.C. Secondo altri il primo asceta fu un certo Barnaba, che nel 950- 970 fondò l'antichissimo convento di S. Spirito. Il monastero della Trasfigurazione fu fondato poco dopo da parte di un monaco cretese, Andronico, intorno all'anno 1020, mentre nel 1160 altri eremiti fondarono il convento di Stagon sulla roccia di Dupiani. Circa 200 anni dopo l'eremita Varlaam fondò il monastero dei Tre le-rarchi e di Tutti i Santi. Ancora più tardi sconosciuti religiosi fondarono altri conventi: S. Trinità, S. Stefano, Presentazione al Tempio, Russanos o Arsanos, S. Giorgio di Mandila, S. Nicola Anapafsa, Vergine di Mecani, Santi Teodori, S. Nicola di Bantova, SS. Apostoli, S. Gregorio, S. Antonio, Pantokrator, Santa Solitudine, S. Giovanni, Battista, Ipsilotera o dei Calligrafi, S. Modesto, Alysis, Apostolo Pietro, S. Demetrio, Callistrato, Arcangeli, S. Giovanni di Bunila.

Questa città monastica si organizzò nel corso dei tempi e fu sostenuta con numerosi doni e privilegi da potenti famiglie cristiane. Al culmine della sua prosperità, nel 17° secolo, o-spitò un numero veramente grande di monaci e asceti. Successivamente la sua fortuna declinò e oggi sono ancora in uso solo i monasteri della Trasfigurazione, di Varlaam, di S. Nicola Anapafsa, di Russano, della Santa Trinità, di S. Stefano (e parti di uno o due altri). I resti degli altri conventi una volta esistenti sono completamente spariti.

I primi asceti scalavano le rocce delle Meteore per mezzo di una serie di impalcature, che venivano sostenute da travi fissate nella roccia. Questa sistemazione (di cui si possono distinguere ancora le tracce) fu rimpiazzata più tardi da lunghissime e vertiginose scale di corda. Quelli che non osavano servirsene venivano tirati su per mezzo di una rete. La salita durava circa mezz'ora: mezz'ora di angoscia e di terrore. Un sudore freddo imperlava la fronte di colui che si accingeva alla salita quando, staccatasi dal suolo, la rete si metteva a girare in cerchio nel vuoto, mentre la corda strideva sul verricello, minacciando da un momento all'altro di mandare il visitatore in fondo all'abisso. Dal 1922 delle scale tagliate nella roccia permettono di accedere al monastero in modo sicuro e facile. La rete è ancora usata per il trasporto degli alimenti e di altri generi di prima necessità.""

IL Gavia

Passo Gavia mt 2621 slm

 

Con i suoi 2.621 metri di altitudine, il Passo Gavia è uno dei passi alpini più spettacolari d'Europa. Si raggiunge dalla Vallecamonica, attraverso una strada a tornanti che parte appena dopo l'abitato di Ponte di Legno in località S.Apollonia e sale per circa 13 km, con la possibilità di raggiungere S.Caterina Valfurva scendendo dal versante Nord per circa 10 km.

La strada, che raggiunge pendenze fino al 16%, è percorribile (solo periodo estivo) tranquillamente anche in auto, ma la bellezza della sua natura richiama ogni anno ciclisti e motociclisti di tutto il mondo.

Sul Passo Gavia sono presenti due strutture ricettive che offrono ristoro e anche camere per chi decide di fermarsi conquistati dall'affascinate paesaggio. Dal Passo infatti la vista è a 360° e si può godere della bellissima vista del Gruppo Adamello e del Gruppo Ortles.

I Laghi di Cancano

Le Torri e la Valle di FRAELE

La vallata di Fraele, é caratterizzata dalla presenza di due laghi artificiali creati dallo sbarramento di dighe per la produzione idroelettrica.

Ricompresa all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio, la vallata e’ facilmente raggiungibile in automobile prendendo la deviazione indicata in prossimità dell’abitato di Premadio lungo la strada che collega Bormio a Livigno.

La valle di Fraele, oltre ad offrire numerosi punti ristoro ed aree attrezzate per i pic-nic è il punto ideale di partenza per numerose escursioni nelle valli circostanti e sulle vette che la sovrastano quali ad esempio il Monte Scale ai cui piedi vi è uno splendido laghetto alpino.

Da un punto di vista morfologico la Valle di Fraele si presenta come un ampia conca di origine glaciale.

Le Torri di Fraele ancora presenti al suo imbocco testimoniano quello che un tempo era il tracciato della Via Imperiale d’Alemagna che attraversava la vallata di Fraele consentendo il collegamento con il nord Europa.

Seguendo le indicazioni per la Val Alpisella è inoltre possibile raggiungere attraverso una stretta mulattiera l’abitato di Livigno.

  Le antiche Torri di Fraele (1930 m.)  erano uno dei punti di forza del sistema di fortificazioni che doveva proteggere l’allora Contado dalle frequenti invasioni. Erano a quel tempo il più avanzato avamposto delle difese bormine ed erano costantemente presidiate da guardie che si occupavano anche della sicurezza dei viandanti che attraversavano la Via Imperiale d’Alemagna.

Dalla loro vetta venivano infatti lanciati i segnali di fumo nel caso fossero stati avvistati dei possibili pericoli.

Le torri, a pianta quadrata, vennero costruite nel 1391, nel pieno del periodo visconteo anche se è legittimo ritenere che possano essere state ricostruite più volte nel corso dei secoli sovrapponendosi alle opere che già anticamente proteggevano il valico.

Nel 1481 vennero fortificate e rinforzate ad opera del Duca di Milano ma vennero successivamente distrutte dai grigioni nel 1513 in occasione della loro invasione di Bormio.

Rimangono ora visibili solo i ruderi di quelle Torri che erano le sentinelle a protezione del Passo di Fraele (o Passo delle Scale) anche se una recente ristrutturazione ha permesso di ricostruire parte della torre occidentale alla quale è possibile accedere da un apertura al piano terra (l’antica via d’accesso pare invece si trovasse più in alto in modo da permettere una migliore difesa)

Si narra che durante il dominio degli Sforza, forte dei privilegi acquisiti, l’allora podestà Cisermundo, si permise di oltraggiare l’ambasciatore inviato dalle Tre Leghe Grigione per reclamare diritti sul Contado bormiese.

Le Torri di Fraele furono il teatro dello scontro decisivo tra le truppe bormine e quelle degli invasori.

Strenua fu la difesa dei Bormini ma non sufficiente ad impedire l’ingresso in paese dei Grigioni.

In un misto di storia e leggenda la cruenta battaglia provocò un gran numero di caduti, tanto da far guadagnare al dirupo sottostante l’appellativo di “Burrone dei morti”.

In località Cancano vi sono presenti oggi due dighe: quella che prende il nome dalla stessa vallata e quella di San Giacomo.

Dighe o laghi di Cancano dal satellite

Il bacino di San Giacomo fu iniziato nel 1940 e fu terminato nel 1950 quando vennero ripresi i lavori sospesi in occasione del secondo conflitto mondiale. Il suo bacino è alimentato dal canale Spòl, dai torrenti Alpe, Gavia, Frodolfo, Zebrù, Braulio e Forcola e, in parte anche dal fiume Adda che sorge poco lontano.

Diga di San Giacomo

La diga di Cancano fu invece ultimata nel 1956 ed è alimentata dal torrente Viola e dalle acque di svaso della diga di San Giacomo.

Diga di Cancano

In particolari condizioni, quando l’invaso di Cancano non è totalmente pieno, è ancora possibile vedere affiorare il primo sbarramento realizzato nel 1922 e successivamente sommerso con la realizzazione della nuova diga. In tali occasioni si può anche ammirare dall’alto la prima piccola centrale idroelettrica che un tempo era posta ai piedi della diga d San Giacomo e che venne anch’essa successivamente sommersa.

La vecchia diga di cancano

Sono più di 187 i milioni di metri cubi di acqua di capacità dei due invasi (San Giacomo 63 milioni e Cancano 123 milioni) che vanno ad alimentare gli impianti idroelettrici dell’Aem di Premadio e di Fraele.



Indimenticabile ! Ciao Diego

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