Moto club Ting'Avert

Allora....Domenica 13 maggio 2012. Non sono superstizioso, ma fra meteo e previsioni varie le prospettive non sono proprio allettanti.

Prima uscita col moto club Tingavert, sezione Lombardia. Un altro club, figlio di un altro forum per motociclisti, o viceversa,... poco importa. Ne ho vissuti diversi, e forse sono giunto alla conclusione che è meglio girare solo. Probabilmente ci ho messo anche del mio, ma per un verso o per l'altro non mi sono mai trovato a mio agio. Comunque ..proviamo.  Come ho accennato, le previsioni meteo sono avverse, almeno per quella parte di percorso che riguarda la pianura, ma sbirciando sul meteo svizzero, ho verificato, che per il tragitto su suolo elvetico è previsto sereno, al peggio, poco nuvoloso.

Sul forum, le "diserzioni" sono numerose, le 30 moto iniziali, sono praticamente dimezzate. Le posizioni si contrappongono, ..."si va"..."non si va"...... la decisione finale, NON SI VA. Devo dire che  ho provato un po' di delusione, ma onestamente ho anche apprezzato il senso di responsabilità  dell'organizzatore del giro. Le motivazioni ci stavano tutte. Devo dire che nonostante l'anagrafe sia diventata una delle mie peggiori nemiche, che mi spinge inesorabilmente verso i 57, (se qualcuno mi chiede cosa..lo mazzuolo) non sono ancora riuscito a liberarmi di quella sana incoscienza, che a volte ti spinge a degli azardi "calcolati"( siii... ai voglia...) che mettono un po' di pepe nel vissuto quotidiano e ti permettono di provare emozioni e memorizzare ricordi che rimarranno indelebili nella memoria. Adesso che mi sono autoincensato e mi sono fatto un overdose di autostima vado avanti.

".......NON SI VA" .Ma ovviamente c'è chi non apprezza, condividendo l'incoscienza di cui sopra, alcuni, che conoscerò poi in seguito, decidono di tentare lo stesso.

Per me Sergio non aspettava altro,...... ALLORA SI VA.

Mentre mi vesto , inavvertitamente mi "scappa" un sorriso, io avrei fatto lo stesso e la situazione" mi piace."

Mi bardo da far invidia ad un palombaro, a Lecco il tempo non è proprio brutto, quindi decido di non indossare l'antipioggia, ma risulterà una scelta avventata. A Ponte San Pietro , Giove pluvio da il meglio di se e sono costretto a fermarmi per metterla.

Devo anche rifornire, questa volta va tutto bene e l'atavica lotta con le pompe automatiche di benzina questa volta registra una tregua. Però devo essermi attardato,mi sa che non arrivo in tempo. Entro a Bergamo in autostrada e apro il gas. Piove forte, ma viaggio a 150, la moto non si muove, non vibra , nonostante spiri un venticello antipatico, quidi alle 09,50 imbocco il casello in uscita a Palazzolo. Non c'è nessuno, "aspetterò una decina di minuti, al peggio...farò un giretto per conto mio".

Riesco giusto ad attraversare la strada che..... ARRIVANO. Bene.  Saluto Sergio, non mi posso sbagliare , ha l'istinto del "condottiero", anche qualcun altro, ma per il momento per me sono dei simpatici" incoscienti". Mi sa che qualcuno avrà pensato, "questo al primo incrocio ce lo perdiamo". Invece mi sbagliavo di grosso e da qui , proprio dall'inizio, una gradevole sorpresa. Ad ogni incrocio, ogni rotonda, ogni deviazione, come il gruppo si sgranava a causa del traffico, che in effetti non era molto, ma sopratutto dalla piggia che cadeva a tratti , sempre due, "quei due" si alternavano a fare da staffetta e scopa. Poi ripartivano, risalivano, aspettavano e ripartivano. Non sono un novellino, mi è capitato più di una volta di partecipare ad uscite o anche giri programmati  in più giorni, mi è toccato far

parte della "staffetta", quindi so cosa significa anche in termini di sacrificio, il dover restare concentrato perchè dal tuo comportamento dipende la sicurezza degli altri, a scapito anche del divertimento personale. Ma come questi "due" non avevo mai visto nessuno. Un affiatamento perfetto, un piccolo cenno d'intesa, a volte nemmeno quello  e via. Certo un po' gli occhi addosso me li sentivo, uno non più giovane, che si porta a spasso un cancello di 400 chili, sul bagnato...... in mezzo a quei fulmini di guerra. Ma mi sono sentito subito sicuro e a mio agio, come non mai. Non servono le parole i pistolotti di chi pensa di essere un predestinato, credete, ne ho conosciuti tanti, bastano gli atteggiamenti, gli sguardi, un cenno d'intesa per capire come va.  Questi ragazzi mi piacciono! Sulla strada verso Edolo ci fermiamo per una sosta, qui mi accorgo che fra i motociclisti c'è anche una ragazza, nel corso del giro ho provato a stargli dietro, fino quando non ha deciso di allungare e... è sparita dopo una curva.L'andatura si è fatta più allegra, daltronde la strada lo consente; una "francesina" maligna tenta di portarci fuori strada, ma il "condottiero" se ne avvede e alla faccia del Tom Tom o Garmin di turno, alla vecchia maniera, la più sicura, chiede indicazioni ad un passante. Intanto il gruppo si è ricompattato. Io sui rettilinei e sul misto veloce non ho priblemi,...e che ci vuole...basta aprire il gas..... .

Intanto il tempo migliora, sulla strada verso il passo dell'Aprica compare il sole. La situazione cambia all'improvviso, l'atmosfera ovattata e crepuscolare che ci ha accompagnato sulla litoranea del versante occidentale del lago d'Iseo è solo un ricordo, fra le nubi squarci di un azzurro intensissimo e la natura che si riprende la sua rivincita.

......Anche gli autovelox, uno era ben "imboscato" prima di entrare all'Aprica,... speriamo in bene. Scolliniamo e la discesa è invitante, il gruppo si sgrana di nuovo, provo a tenere la scia della ragazza di cui ho parlato prima.....Isa...? spero di non sbagliare. Insieme a lei c'è un'altra moto "zavorrata", entrambi si muovono benissimo. In discesa non è facile, il peso si fa sentire, gratto un paio di volte con le pedane, è la prima uscita con la moto nuova su questo tipo di strade e devo un po' capire l'arcano. In uscita di curva tendo sempre un po' ad allargare, anche accentuando la piega non ottengo miglioramenti, devo entrare con la velocità giusta, perchè altrimenti non riesco a compensare. Le due moto che mi precedono restano a vista, a fondo valle al passaggio a livello ci ricompattiamo.

Verso Bormio la strada è libera, io spingo quel che posso, la velocità non la dico ...ma a tratti è superiore a quella in autostrada. La cornice si è fatta incantevole, il cielo è terso, il contrasto con il verde dei pascoli e il bianco delle montagne è il sensazionale spettacolo dei giri alpini, anche se li rifai cento volte, è sempre un'emozione diversa.

Pausa pranzo, Sergio ci porta in un delizioso ristorante, dove si può addirittura pranzare all'aperto. Qui non ho capito qualche cosa,....dalle preferenze sul forum la maggior parte aveva scelto per il pranzo al sacco, ......quando a mia moglie prima di partire ho chiesto di farmi un paio di panini,...ma ha guardato strana, .......è forse dal campeggio dell'oratorio che non mangio al sacco, mentre la maggior parte si è accomodata ai tavoli. Un po' di astinenza non fa male, quando sei in moto , forse è salutare.

Ripartenza verso Livigno, dove abbiamo rifornito, il prezzo del carburante alla pompa di benzina credo abbia fatto fare considerazioni poco benevole nei confronti dei nostri governanti un po' a tutti.

La salita alla Forcola, con Davide (uno dei "due")a fare da reporter con macchina fotografica e relativo video (come cacchio ha fatto?) quella al passo Bernina, con relativa discesa a Celerina e St Moritz, restano emozioni personali che ognuno ha potuto apprezzare e conservare in base alla propria sensibilità. Non si poissono commentare.

Con lo stesso spirito si raggiungono le cascate di Acqua Fraggia, poco prima di Chiavenna. Per non farci mancare niente e finire in bellezza ci godiamo anche questo momento. Una pausa, quattro chiacchere, come se fossimo tutti appena arrivati al bar, visi distesi e appagati, atteggiamenti inequivocabili che testimoniano quanto questa giornata sia stata gratificante e serena. Ci salutiamo, qualcuno ha ancora molti chilometri da percorrere, io invece mi fermo a Lecco.

Non mi piace sviolinare , anzi, ma devo dire con assoluta sincerità, che questo giro, fatto e rifatto parecchie volte , non era mai stato così appagante.

Oltre a ringraziare Sergio che lo ha reso possibile, quei "due", che si sono fatti in quattro...cinque...sei....per garantire la sicurezza e la riuscita del giro, devo dire grazie a tutti i partecipanti per gentilezza, l'affabilità e la cortesia che hanno dimostrato nei miei confronti, ma sopratutto nei confronti reciproci. Non lo so se è un caso, ma ho trovato un'atmosfera serena, discreta, senza eccessi, una sensazione piacevole mai apprezzata prima in questo ambiente, ma sopratutto la consapevolezza di aver avuto a che fare con  dei

ragazzi in gamba.

Una Domenica Quattro Castelli

6,Ore 30, puntualmente rispettando i buoni propositi della sera precedente riusciamo a partire senza i soliti ritardi. Non fa freddo, ma il cielo è cupo e minaccioso, nuvoloni neri si addossano alle pendici dei monti che circondano la città. All’uscita con lo sguardo possiamo spaziare sulla pianura, nonostante il monte Cornizzolo, patria conclamata di deltaplani e parapendii, sia anch’esso incappucciato da una coltre di nuvole , in lontananza scorgiamo un progressivo chiarore che induce a ben sperare. Sono in compagnia di mia figlia Barbara, che da quando ho cambiato la moto sembra averci preso gusto e sempre più frequentemente mi accompagna nelle mie uscite domenicali. Ieri grazie alla complicità dell’amico Francesco (alias Ego) ho montato i telaietti salva bisacce così da poter stivare le borse senza il pericolo di combinare qualche pasticcio.

Non c’è traffico e a buona andatura arriviamo velocemente, dopo aver percorso la tangenziale alla barriera di Melegnano. L’autostrada è praticamente deserta, provo allora ad aumentare la velocità, pensando di guadagnare, ora, un po' di tempo . La Vn è molto stabile, soffia una leggera brezza trasversale, ma l’andatura non ne risente. Sono a tre quarti gas e tocco i 150 km. Proviamo a lanciarla? Abbasso la mentoniera e la visiera del casco. Qualche vibrazione comincia ad avvertirsi sulle pedane, ma non sono fastidiose. Sono a “manetta”, ma il contachilometri si è inchiodato a 170.

La curva di coppia è ormai in discesa e non posso pretendere di più.

Dopo un attimo ci si abitua alla velocità, trascorsi una decina di minuti sembra di viaggiare a 80 all’ora.

Se la lancetta del conta chilometri si è inchiodata, in compenso si muove quella dell’indicatore del carburante e in una direzione che proprio non mi piace. Decido di rallentare , anche perché Barbara con un fil di voce mi sussurra che a quella velocità la turbolenza gli impedisce di ascoltare la musica dagli auricolari.

Il cielo nel frattempo si è completamente aperto, ora è tutto sereno ed è spuntato il sole.

Abbiamo oltrepassato Piacenza, ora seguiamo le indicazioni per Fiorenzuola D’Arda dove lasciamo l’autostrada. Sono le 8,30, poco traffico, lentamente ci avviamo verso la cittadina che attraversiamo. Sostiamo in un bar dove di fronte ad un caffè ed a un succo di frutta consultiamo la cartina. Si, proprio la cartina, che gusto c'è ad andar per strade con il navigatore? Ad un distributore,.. servito., rabbocchiamo il pieno, poi le indicazioni per Castell' Arquato e via. La strada attraversa la campagna, prati e colture si alternano, antiche cascine e moderne strutture agricole testimoniano la radicata tradizione di queste terre. Dopo pochi chilometri incontriamo le prime colline, il percorso è scorrevole e divertente, l'andatura piacevole e all'uscita da una curva, al culmine di un dosso, su uno sperone di roccia, una torre, fortificata da mura merlate. Oltrepassato il ponte sul torrente Arda entriamo nel borgo, che subito, immutato negli anni ci trasmette il suo fascino medievale. Parcheggiamo la moto al limitare della zona pedonale. Per precauzione la chiudo anche con un blocca disco, anche se, come ho avuto occasione di verificare personalmente, basterebbe una bomboletta di azoto per renderlo del tutto inutile, fragile come un grissino. Lasciamo tutto nelle borse della VN , armati di macchina fotografica saliamo le strette vie lastricate di pietra, sui lati delle quali fanno bella mostra di se antiche dimore sapientemente ristrutturate. Botteghe d'antiquariato espongono i loro pezzi più pregiati, accanto alle quali, senza nessun timore reverenziale, caratteristiche salumerie ammiccano ai turisti con i prodotti tipici della gastronomia locale. “Prego servitevi da soli – invita un cartello – (e sotto, fra parentesi, ma a caratteri cubitali)

“ma ricordatevi di pagare”. Dopo aver passato la porta che da accesso alla cittadella, percorrendo vicoli e scalinate ci troviamo nella piazza che da accesso al castello. Non mi dilungo oltre, per i cenni storici ci sono le guide che son ben più dotte di me, voglio solo rimarcare, a me in primis come a volte si cercano all'estero luoghi carichi di aspettative e di fascino, magari colpevolmente dimenticando realtà a noi molto più vicine e convenienti, dove la storia, l'arte, la natura(e potrei dire anche la cucina) si sposano in un armonico connubio. Ritornati al nostro fido “destriero” ci prepariamo per riprendere il viaggio. Per sicurezza chiedo conferma del percorso ad un gruppo di “nonnini” che fanno capannello sull'argine del fiume. Gasati dall'inaspettata richiesta, in uno slancio di ritrovata e direi insospettata vitalità si prodigano con indicazioni e consigli, anche se alla fine non ho capito una mazza. Proseguiamo costeggiando il torrente Arda, il percorso gradatamente si fa sempre più tortuoso. Entriamo in Lugagnano Val d'Arda e seguo i cartelli per Bardi. Nei pressi di una rotonda in fase di allestimento, preso alla sprovvista, prendo la prima deviazione sulla destra, ma non riesco a leggere insieme tutte le indicazioni. Mi sorge il dubbio di avere sbagliato. Penso come sogghignerà il “tom tom” gran visir di tutti i navigatori. In lontananza vedo sopraggiungere un ciclista isolato, accostiamo sul ciglio della strada e comincio a gesticolare per attirarne l'attenzione. Porca pupazza , questi fa una frenata con derapata e relativa scodata fermandosi a 5 cm. dalla moto. ( adesso penso, se gli chiedo le indicazioni per Bardi questo mi mena). La gentilezza che alberga da queste parti non è un luogo comune. Dopo essersi levato gli occhiali neri, che gli fasciavano il viso abbronzato, ed abbozzato un sorriso che arrivava fino alle orecchie, nell'inconfondibile cadenza del dialetto emiliano romagnolo, mi spiega per filo e per segno il tragitto da percorrere. “Son 25 chilometri di curve, ma sorbole, in un'ora mica ce la fai”. Vedi mi dice, indicando un cartello stradale ad indirizzo turistico, (quelli marroni con scritte in bianco)”vedi quel cartello con il pellegrino? Quello ti dice che sei sulla via Francigena, sei hai dei dubbi e vedi quel cartello vuol dire che vai bene”. “Però la strada giusta era un'altra”. Andiamo bene. Riprendiamo, Barbara si è tolta gli auricolari e fatta sgusciare da una saccoccia la sua macchina fotografica si appresta a scattare le istantanee direttamente dalla sua postazione, sulla sella posteriore. Dentro di me sorrido, perché sto notando come la passione per i viaggi in moto, per Barbara, stia gradatamente aumentando, così come il suo entusiasmo.

Incontriamo una diga e in una aiuola di servizio ci fermiamo per scattare qualche foto al laghetto artificiale. La strada ora sale vistosamente, curva dopo curva ci addentriamo in una natura fantastica, non sono le abetaie dei passi alpini, ma boschi di faggi,robinie, frassini, pioppi, di un verde intenso, abbagliante, in contrasto col cielo di un azzurro intensissimo. Dalle cime degli alberi sbuca un piccolo campanile a guglia, fra le fronde si intravede una piccola frazione, case di pietra, balconi infiorati, l'unica presenza avvertibile l'abbaiare di un cane. La strada sempre sale, ora dagli squarci nella vegetazione scorgiamo le valli che s'incrociano, le colline che sembrano vestite di abiti a toppe, tanto sono varie e alternate le coltivazioni nello loro innumerevoli cadenze cromatiche. Incontriamo alcune abitazioni, forse ci avviciniamo ad un paese, infatti il cartello dell'abitato di Morfasso si intravede seminascosto dai rami di un salice. Incontriamo un distributore di carburante, e nella strada che improvvisamente si allarga , quasi come una piazza, un bar affollato . Alla faccia del “tom-tom”, chiedo se per Bardi vado bene. “Sempre dritto “ è la risposta, anche se mi sa che il “dritto “ da queste parti ha una valenza tutta sua. La pendenza ora è molto pronunciata, la moto procede instancabilmente ed anche se ora l'andatura non supera i 40 all'ora, lo sterzo è sempre agile, la risposta dell'acceleratore pronta e grazie alla trasmissione a cinghia progressiva e senza strappi. La strada è larga si e no due metri, il fondo in generale è molto buono, anche il manto d'asfalto sembra essere stato rinnovato di recente, l'unica pecca sono brevi tratti ricoperti da ghiaia sottile e alcune “voragini” che inaspettate compaiono all'improvviso. Percorriamo ora la cima di una collina, lo sguardo si perde in un mare verde. Possibile incontrare ancora posti così suggestivi? Il traffico caotico delle città, i semafori ,le code,le autostrade, quasi si fatica a ricordarli, sembra di essere fuori dal tempo. In effetti da un po' stavo rimuginando sulla “via Francigena”,cavolo è l'età, inutile girarci intorno, mi ricorda .... niente. Ah si..., finalmente un lampo mi rischiara le meningi, l'antica via che nel Medio Evo i pellegrini percorrevano e che metteva in comunicazione fra loro Canterbury , Roma, Santiago di Compostela e Gerusalemme, attraversando tutta l'Europa. In effetti sembra un po' di essere strani cavalieri medievali con casco e bardatura che in groppa a bizzarre cavalcature si sono persi in una fluttuazione temporale. (Cazzo sto scrivendo?)

Finalmente troviamo un cartello ed un incrocio. Bardi a destra! La strada ora è più larga e non serve una laurea alla Bocconi per capire che siamo di nuovo sulla provinciale. Le curve ci sono ancora, ma la carreggiata è più larga e, miracolo, incrociamo un trattore. Avvistiamo alcune costruzioni e in prossimità di una di queste un cartello : passo di Pelizzone mt.1.029 s.m. Anche oggi posso dormire tranquillo, il mio “passo” domenicale l'ho fatto.

Un “rombo” si fa sempre più crescente, ora abbiamo scollinato e si scende affrontando alcuni tornanti, Il freno motore fa il suo lavoro anche se ogni tanto devo dare qualche “pinzata”, in un baleno quattro moto mi superano e scompaiono con la stessa rapidità con cui sono apparse, di sfuggita ho notato una targa “cantone dei Grigioni?”da queste parti ? Intenditori!

Si comincia a vedere qualche casa e incrociamo un paio di macchine. La rocca di Bardi, improvvisamente, all'uscita da una curva. Fantastica. Ci fermiamo per una fotografia panoramica, ormai Barbara ha un lavoro in mano, le foto sono tutte sue, io guido (per adesso). Entriamo nel paese e facciamo un paio di girotondi (la politica non centra un bel niente) perché il sagrato della chiesa è chiuso per un matrimonio.

Parcheggiamo la moto con le solite precauzioni, (tornare a piedi da qui la vedo pesante) percorriamo qualche vicolo, le strade che conducono al castello sono strette, ma ben tenute, il fondo è lastricato, ma più simile ad un borgo di montagna, meno caratterizzato di Castell'Arquato. Si accede alla rocca dopo aver superato un ampio spazio acciottolato, ma in forte pendenza. Ho il fiatone, entriamo nel maniero che ci mostra da subito l'imponenza delle sue mura. Stacchiamo due biglietti ed entriamo per la visita. Molto bella, camminamenti, terrapieni, sala della tortura, cucine.....e gli appartamenti

dei Landi, Signori del castello. Come in precedenza non mi soffermo sui cenni storici, ma segnalo un'amenità, costitutita dalla presenza di un “fantasma”, presenza “documentata” da immagini girate con una telecamera agli infrarossi, che evidenzia un'immagine di una figura con l'armatura. Per chi ci crede spazio per l'approfondimento. Sono le 11,50, guadagnamo l'uscita visibilmente soddisfatti e dopo una passeggiatina siamo nel centro di Bardi. Ci sediamo ad un tavolino e prendiamo un aperitivo. Barbara commenta...., sono un fiume di parole che testimoniano interesse e curiosità, siamo circa a metà percorso, ma sembra anche cosi di aver raggiunto già un bun risultato.

In sella e ripartiamo. Sono le 12,20, facciamo il pieno di benzina e ci avviamo in direzione Parma.

Chiedo a Barbara se se ha fame, “si molto” è la risposta. Scendiamo velocemente, incontriamo qualche tornante, ma la carreggiata è ampia, poi la strada si snoda come un serpentone, curva dopo curva seguendo la valle del Ceno. Ora incontriamo parecchie moto che sfrecciano in entrambi le direzioni, anche noi ci facciamo rispettare perchè il percorso è molto bello. La Vulcan su questi tracciati da il meglio di se perchè ha una tenuta di strada perfetta, niente inerzie od ondeggiamenti, anzi, le pedane che strisciano sull'asfalto ti dicono che oltre non ti conviene andare. Entriamo in Fornovo, dove il fiume Ceno incontra il suo “gemello” il Taro”. Dopo aver “scartato” un paio di trattorie (le donne non si smentiscono mai) Barbara trova quella “giusta”e finalmente mettiamo le gambe sotto al tavolo. Ora ci vorrebbe una bella “pennica”, ma sono le due ed il castello di Felino ci aspetta. La strada ora è trafficata, incrociamo il bivio per il passo della Cisa e ci dirigiamo verso Parma. Il clima fresco ed elettrizzante della mattina è solo un ricordo, dal manto di asfalto sale una calura estiva che a momenti toglie il respiro. Viaggiamo ora nella campagna fra campi coltivati e “balle” di fieno, il castello è appena fuori l'abitato di Felino su una collinetta in mezzo agli alberi.

Posteggiamo ed andiamo a vedere. Meno male, qui almeno non bisogna scarpinare. Il castello è molto bello, e completamente restaurato, sul terrapieno circostante un gruppo di persone è attenta ad una dimostrazione di caccia col falcone. Un gruppo di rapaci fa bella mostra di se sui loro trespoli, provo a fotografarne uno, che sdegnato, mi mostra la sua parte meno nobile. La disquisizione è molto interessante, ma come purtroppo avviene in questi casi il tempo è tiranno e ci dobbiamo allontanare. All'interno del castello oltre alla sede dell'associazione per il salame Felino vi è anche un ristorante, tutto è in ordine, pulito, “leccato”. Però osservo, se queste soluzioni permettono un ricupero pressochè completo di queste vestigia, la “contaminazione” con l'attuale quotidianità toglie loro un po' del fascino naturale . Risaliamo sulla “cavalcatura” e ci allontaniamo scendendo un viottolo in mezzo al bosco. Barbara si fa sentire e chiede “papà se trovi un boschetto”...! Cinque minuti fa no ehh..... . Ci dirigiamo verso Torrechiara, la strada si snoda nella campagna, ma fa veramente caldo, sbottono il giubbotto più che posso e non vedo l'ora di arrivare. Senso vietato, per arrivare al castello c'è una salita di duecento metri che alla sola vista mi fa svenire. L'intenzione è quella di fare il furbo, perchè comunque in alto si scorgono le sagome di alcune macchine; il cartello diceva “escluso i residenti”per cui.... . Poi mentre sto per avviarmi vedo un signore che si appresta a salire spingendo una carrozzina con un disabile. E no, non posso....., però anch'io come sono pirla. Posteggiamo e mi innaffio abbondantemente ad una fontanella. Ca...volo c'è tutta una fioritura di pioppi e mi si appiccicano alla faccia bagnata, Barbara si sbellica. Ansimando e imprecando cerco di tenere il passo di mia figlia che ogni tanto si ferma ad aspettarmi. Due Hearlisti se ne fregano dei miei scrupoli e salgono imperterriti. I soliti “sboroni”. All'entrata del castello mi devo sedere a riprender fiato. All'interno delle mura c'è un piccolo borgo, bello, ben curato, ci sono abitazioni private achitettonicamente ben inserite nel contesto del fortilizio. C'è pure un bar ed un bed&breakfast. Gironzoliamo fra le viuzze godendo di scorci fantastici, ma la stanchezza e forse ancor più il caldo mi hanno stroncato. Ci apprestiamo ad entrare a visitare la fortezza, ma un po' di assembramento e il cartello che proibisce di scattar fotografie ci fanno rinunciare. Balle è la stanchezza ed abbiamo ancora il viaggio di ritorno Sono le 16,15 e stancamente recuperiamo la moto. Io rinuncio a bardamenti vari e metto solo il casco e i guanti, Barbara si copre con un duvet senza maniche. Avevo messo in programma anche Fontanellato, ma raggiungere una meta senza il piacere di godersela mi sembra proprio una fatica sprecata; sarà per un altro giro. Non voglio entrare in autostrada e decidiamo di rientrare dalla via Emilia. Non c'è molto traffico, le poche auto che ci precedono sono facilmente superabili, un po' di fastidio è causato dalle numerose deviazioni in parte causate dai lavori per la realizzazione “dell'alta velocità” che costringono a rallentamenti e cambi di direzione. Improvvisamente preso da un dubbio chiedo a Barbara “a proposito, a compiti per domani come stai?” “eeeh, quando arrivo casa li faccio”.

Miseriaccia. Alla prima occasione entro in autostrada e anche se non supero i 100km ora, maglietta e mentoniera alzata mi rassegno.

La spia del carburante si avvicina alla riserva, entro nella prima stazione che incontriamo anche perchè abbiamo una gran sete. L'aria condizionata dell'autogril ci porta solievo. Una breve sosta ,una bibitra e poi si torna alla fornace del parcheggio. Da parte a noi ci hanno raggiunto un gruppo di motociclisti, una Honda st (pan european) veccho modello verde (mi è sempre piaciuta), una fiammante ducati ST3, un'altra Honda Varadero, Yamaha FZS 1000 e un'HD 883 nera e bordò.

Un rapido cenno di saluto e un'occhiata a quella che per poco non è stata la mia nuova moto.Parlo della 883. Ora li affiancate posso confrontarle. Non c'è dubbio, non mi pento assolutamente della mia scelta, la VN900 non sfigura affatto, anzi, è ancora più corposa più armonica, adesso basta però.

In questo mio “radiografare” ho notato che il priprietario ( sicuramente abbagliato dalla VN) ha dimenticato le chiavi nella moto. Lo faccio raggiungere da Barbara per avvisarlo, e quando torna non sa più come ringraziarmi. Siamo ormai a Melegnano, ancora un po' di tangenziale e la “super”per Lecco. Il viaggio è giunto al culmine, stanco, anzi stanchi e qualcuno ancora con i compiti da fare, ma molto soddisfatti. Da sempre sono abituato a girare da solo, immagino come sarebbe gratificante condividere queste esperienze magari con altri due tre compagni di vaggio,

credo che le caratteristiche di queste moto favoriscano questo tipo di aggregazione. Be vedremo.


Castell'Arquato - via Francigena - Passo Pelizzone - Fortezza di Bardi

Castello di Felino - Fortezza di Torrechiara


Due "passi" in Engadina

Lecco-Chiavenna-St Moriz-Passo Bernina-Poschiavo-Tirano-Lecco
Lecco-Chiavenna-St Moriz-Passo Bernina-Poschiavo-Tirano-Lecco

 

Domenica mattina ore 6,30. Da mezz'ora c'è già qualcuno che gira per casa e si sente! Un'occhiata al tempo,un salto in doccia e mentre mi asciugo uno sguardo ai miei figli che dormono. Vorrei chiamare qualcuno, ma mi dispiace svegliarli. Vado a vestirmi mentre mia moglie mi prepara il caffè. E' ancora presto, intanto, inattesa, fa capolino mia figlia che fra mille sbadigli e qualche smorfia, ma con l'occhietto che già luccica esordisce:papà a st. Moritz vengo io.
"Ste donne" prima di uscire dal cancello suonano le 7,30. Istintivamente come quasi sempre mi accade faccio il segno della croce. Non è prestissimo ma non si vede in giro nessuno. Dopo un paio di incroci ci immettiamo nell'attraversamento sotterraneo che in seguito prende la forma della super strada che ci porterà fino al Trivio di Fuentes. All'uscita per Abbadia Lariana ho un'indecisione, non mi piacciono le autostrade e la litoranea, oltretutto deserta è un'alternativa molto invitante. Se a caso"qualcuno" si fosse data una mossa.., ma ora forse è un po tardi, cosi proseguo. Strada impossibile, sopratutto la corsia di destra, buche ,dossi, un fondo pessimo, che le sospensioni della Vn anche se molto migliorate dopo le regolazioni fatte al tagliando, non riescono del tutto ad assorbire. La moto però va bene, nonostante spiri una leggera brezza è molto stabile
e con una media intorno ai 120 km arriviamo velocemente al Trivio di Fuentes . Seguiamo le indicazioni per Chiavenna e percorriamo ora la statale dello Spluga. Il traffico è inesistente, incrociamo un gruppo di motociclisti che procede in senso opposto, che ricambiati salutiamo. Novate Mezzola,rallentiamo, di solito ci sono i carabinieri..., infatti, ne incrociamo una macchina e come solito prima della galleria c'è la pattuglia appostata.
In un baleno siamo a Chiavenna, gli unici passanti sono quelli con cane al guinzaglio sacchetto e paletta, i bar sono ancora quasi tutti chiusi. Facciamo una breve sosta e mia figlia coglie l'occasione per infilarsi gli auricolari e avvolgersi il foulard davanti alla bocca. L'aria è tersa e frizzante, il cielo azzurro, la giornata si prospetta stupenda.
Da quando siamo sulla provinciale la moto sembra proprio a suo agio (anch'io) 80-100 all'ora, le curve si pennellano, il motore risponde sempre pronto, la giuda divertente ma non stressante. Siamo giunti al posto di frontiera con la Svizzera a Villa di Chiavenna. Scegliamo di transitare dalla dogana nuova, dove finanzieri e poliziotti ci osservano con aria distratta. Lo stesso succede con i militari elvetici. Bene, ora via comincia il divertimento.
La strada comincia a salire, la natura diventa protagonista, boschi e pascoli si alternano in cadenze quasi preordinate, i paesi e le frazioni sembrano irreali, usciti da una cartolina. La strada si inerpica sempre più, fino a raggiungere un altopiano, la valle improvvisamente si allarga e le cime ancora innevate si protendono a sfidare il cielo. Su un costone, imponente, quasi minacciosa, una diga  ostenta quasi fosse una sfida, la mano dell'uomo. Sostiamo in una piazzola e scattiamo qualche fotografia, chiedo a Barbara di salire e tenere la moto, il suo sorriso parla da se.
La strada riprende a salire, i primi tornanti ci avvertono che ci avviciniamo al passo Maloja. Il manto stradale è sempre perfetto, non vi sono cunette o avvallamenti ed anche i giunti e i traversi per lo scolo delle acque sono perfettamente a filo. La VN col suo tranquillo pulsare procede infondendo sicurezza, anche nelle curve più strette è bilanciata e maneggevole. I tornanti ora si alternano a breve distanza, la carreggiata è scavata in parte nella roccia e la sezione a sbalzo della massicciata è sostenuta da muri in pietra che si integrano con le rocce scoscese dello strapiombo. Gli ultimi tornanti sono talmente ravvicinati che si percorrono quasi in apnea. Quasi improvvisamente la parete verticale scompare, gradatamente lo sguardo scopre nuove cime, nuovi boschi e nuovi pascoli, un chiosco, una massiccia costruzione di pietra , ed eccoci al passo Maloja. Sosta con foto (avete presente quella sul coperchio delle scatole dei pastelli Caran D'ache?)
Riprendiamo per St. Moritz, la strada è deserta, non esagero ma
è un sogno, in una insenatura ci fermiamo e scattiamo ancora fotografie. Barbara si è tolta gli auricolari, forse anche lei ha compreso che certe emozioni non vanno "contaminate". Questa moto sembra essere stata studiata per questi itinerari, nonostante l'interasse importante, fra le curve piega dolcemente, senza nessuna inerzia avvertibile.
Entriamo in St. Moritz bad , lasciamo sulla sinistra la stazione della funivia che porta ai campi da sci, alla rotonda giriamo a destra incontro ad una chiesa romanica che riporta ad un fascino antico. Da questa posizione, sulla sponda del lago, si può apprezzare la vista di St. Moritz con i sui alberghi prestigiosi, i suoi palazzi e le sue ville. Si avvicina un motociclista austriaco, intuiamo che desidera farsi immortalare in una foto, lo accontentiamo, ci augura "puon fiaggio" e col suo BMW k1200 si allontana velocemente. Risaliamo in moto e ci riavviamo, ovviamente me ne guardo bene dall'entrare nel centro di St. Moritz, fra negozi e vetrine (anche se chiuse) con un'esponente del gentil sesso al seguito.(prevenire prima di curare....sopratutto il portafoglio). Prendiamo ora le indicazioni per Pontresina, ed alla rotoda ai limiti del paese seguiamo i cartelli con le indicazioni per il passo Bernina e Poschiavo. Sono le 10 e sulla strada qualche rara automobile, ma molte motociclette in entrambe le direzioni.
Dopo la pianura degli abitati la strada riprende a salire con pendenza progressiva, un paio di tornanti e l'attenzione è richiamata da uno squillante segnale sonoro. Un paio di moto davanti a noi si fermano, e da una curva sbuca un fiammante trenino (qualcuno non più giovanissimo si ricorderà i plastici con trenini della Marklin?) la linea turistica che congiunge Tirano con Pontresina passando per il Bernina. All'improvviso, dopo la deviazione per il Diavolezza, attraverso le cime delle ultime abetaie appare in tutto il suo splendore l'anfiteatro del Bernina, con la lingua del suo ghiacciaio, uno dei più importanti delle Alpi, risplendente sotto i raggi del sole. Sosta con foto ( acc... mal.. porc...non è venuta) poi ancora qualche Km e siamo sul passo Bernina 2330 m.sul mare. Qualche scatto ancora sullo sfondo del lago in disgelo, e poi la giusta coda con le altre moto per la foto di rito sotto al cartello del passo.
Ora si scollina, la strada su questo versante è più ripida anche se sempre larga e ben tenuta, lasciamo alle spalle la deviazione , con dogana, per il passo della Forcola di Livigno e Livigno stessa , ci faccio un pensierino, ma sarà per un'altra volta. Cavolo, siamo in coda ad un autobus tedesco, i rettilinei sono troppo brevi per tentare un sorpasso, che comunque con mia figlia seduta dietro non azzarderei MAI. E' l'occasione buona per testare il freno motore, non ne ho avuto ancora l'occasione. Scendo tranquillamente in 4a, scalando in 3a solo sui tornanti, anche perché l'inerzia e la coppia della Vn mi permettono di riprendere giri con un filo di gas.
Quello str...o dell'autista del bus come la strada si raddrizza accelera come un pazzo, sembra lo faccia apposta. Dietro una curva Polizei, poliziotto in mezzo alla strada con paletta alzata, il pullman accosta.... ben gli sta.
La via ora è libera, arriviamo velocemente a Poschiavo, per poi costeggiarne il lago, con i binari della ferrovia che alternativamente si incrociano con la carreggiata. La temperatura si è alzata e procedo con la mentoniera del casco aperta, il parabrezza svolge egregiamente il suo compito ed il viso è solamente accarezzato da una leggera brezza.
Passiamo la frontiera a Tirano, dove nessuno ci degna di uno sguardo.
Ora incrociamo torme di moto carenate che procedono in senso contrario.
La piazza del duomo di Tirano ci accoglie trafficata come sempre, cerchiamo un parcheggio e troviamo posto accanto ad una mostruosa Triumph. Dopo aver fatto finalmente "plin-plin", ci sediamo ad un tavolino di un bar per un meritato aperitivo. Sono le 11,30. Per 20 minuti restiamo tranquilli a commentare le immagini e le emozioni vissute, poi riguadagnamo il parcheggio, rivestiamo i panni dei mototuristi e riprendiamo la via di casa. Sono le 11,50, usciti dall'abitato di Tirano il traffico gradatamente scema, guardo l'indicatore del livello del carburante che si avvicina alla riserva, anche se in realtà non mi è ancora capitato di vedere la spia lampeggiare. Cerco una stazione di servizio, odio i rifonimenti automatici, in particolare da quella volta che mi hanno scippato di 50€, ma non ho scelta. Inserisco 5€ e la stramaledetta macchinetta me li risputa ( cazzo cominciamo), riprovo con altri 5 e questa volta li accetta. Penso che basteranno, infatti come riaccendo il motore la lancetta si posiziona appena sopra la metà. La strada ora è nuovamente deserta, certo fa una certa impressione sopratutto se paragonata ai chilometrici incolonnamenti dei mesi invernali, viaggio tranquillamente a 100-120.
Incrocio una moto che mi sfanala , meglio rallentare, infatti: pattuglia di "caramba."
Al Trivio di Fuentes riprendiamo la super strada percorsa in avvio, do un po di gas cosi magari per le 13 siamo a casa. Cacchio che strada, rischio di seminare mia figlia un paio di volte e marcio costantemente sulla corsia di sorpasso. L'inserimento nelle gallerie è da incubo, col sole in fronte e l'ingresso dei tunnel scarsamente illuminato e quasi sempre in mezza curva, se non si rallenta sensibilmente si rischia il botto. Costeggiamo ora il lago, ancora qualche km, poi imbocchiamo l'attraversamento, uscita Lecco centro. Al primo semaforo Barbara alza la visiera del casco e con un sorriso sussurra:" hai cercato di perdermi eh." Ormai ci siamo, aziono il telecomando a distanza del cancello, imbocco la strada e l'avventura è terminata. Il sedere duole un po, ma la soddisfazione è tanta, un'altra bella giornata che resterà per sempre nei nostri ricordi.
Le foto sono nella galleria." Se vi ho annoiato non lo si è fatto apposta.

 

Mi sono svegliato tardi

Mi sono svegliato tardi, dove vuoi andare alle 9 suonate? Sono uscito dal cancello senza avere la minima idea di dove andare. La mattina però è troppo bella, cielo azzurro terso e aria frizzante. Il lago d’Orta però è troppo lontano e non mi va di andare col fiato sul collo, anche se mi sento in forma, sì....., mi andrebbe di fare un po’ di curve. Mi dirigo verso la Valsassina e mi dico che ripeterò in parte il percorso fatto a Giugno credo, passando per il valico della Culmine di S. Pietro, per sfociare nella bergamasca in Val Taleggio. Poi in Val Brembana, per  dirigermi passando per Cisano B.sco a Lecco. Intuizione azzeccata, la strada la conosco , fino a Moggio non ci sono problemi particolari, poi quando si prende la Prealpina Orobica questa si stringe al massimo a due metri di carreggiata, in compenso è appena stata asfaltata e si viaggia sul velluto, ovviamente curva e contro curva condita da qualche tornante.

Incontro solo moto, un gruppo di sei centauri su moto sportive mi superano in un baleno (per me il termine plastiche sa di dispregiativo quindi lo evito) , li ritrovo sul valico della Culmine che si riprendono dall’apnea e mi salutano. Io proseguo e scollino, la strada resta la stessa anche se ora la copertura è più gibbosa e con qualche buca.

Valico Culmine di San Pietro
Valico Culmine di San Pietro
La ValSassina dalla Culmine di san Pietro
La ValSassina dalla Culmine di san Pietro

Si viaggia all’interno di una macchia fitta dove il sole riesce a filtrare solo qualche sporadico raggio , a destra lo strapiombo a volte fa un po’ paura, percorrendolo in senso inverso non lo si nota, ma cosi, con la strada che scende le dita stringono involontariamente la leva del freno.

Si arriva al confine con la provincia di Bergamo dove si attraversa un cantiere per la costruzione di un ponte che sarà attivo da almeno venti anni, è rimasto sempre cosi, mah. Comune di Vedeseta, siamo in Val Taleggio. La strada ora si allarga, ma è sempre tortuosa, l’aria è bella fresca, ma viaggio sempre con la mentoniera alzata e il vento in faccia. Giungo dopo qualche km al bivio per S. Giovanni Bianco e quella che porta più a valle a Sedrina. Prendo la seconda. Bellissima, ora la cadenza delle curve è più ampia e la velocità (per modo di dire) è più sostenuta, si può con un po’ di attenzione e concentrazione infilare una belle sequenza di pieghe facendo grattare le pedane. Un ombra nello specchietto e all’ingresso dell’abitato di Gerosa i centauri mi hanno ripreso e con un cenno spariscono alla prima curva con una naturalezza che mi sconcerta, si che non mi pareva di esser “fermo”. Il pensiero torna alle curve fatte in Toscana, ma credetemi se quelle strade sembravano tortuose , queste hanno una valenza diversa, anche perché si viaggia comunque in valli montane e non sui dolci declivi dei colli del chianti.

Sono al limitare dell’abitato di Brembilla, ( qui ci sarebbe tutta una storia da raccontare, ma se avrò occasione lo farò in un altro intervento) si vede poca gente, anzi non si vede proprio nessuno, anche se le case sono tutte bardate con tricolori alle finestre. Ad un tratto un assembramento, un corteo e la strada bloccata…. . Uno dei motociclisti che mi aveva appena superato mi viene incontro e smoccolando mi dice che è tutto bloccato. “ Non ci sono altri passaggi , …..

È tutto chiuso fino a mezzogiorno……. Si può solo tornare indietro. Cazzo, sono le 10,35 proprio non mi va di tornare indietro. Chiedo alla vigilessa che blocca il traffico, che in modo sgarbato mi ribadisce che devo aspettare o tornare da dove sono venuto. Stronza. Uno dei motociclisti si lamenta perché è quasi a secco, “io non riesco a ritornare….”

Mi stavo rassegnando, quando ho ricordato i commenti di un amico che riguardavano una stradina che metteva in comunicazione la Val Taleggio con la Val Imagna. Ho chiesto ad un paio di paesani, i quali mi hanno confermato che una strada effettivamente esisteva, anche se non vi erano indicazioni e cartelli in quanto non era stata ancora collaudata.

Portava infatti a Berbenno, dove doveva esserci anche un distributore che, in estate, la domenica è sempre aperto.

Tombola. Riparto con le sportive questa volta dietro (AHAhAh) e per un altro viottolo dove il tratto più rettilineo non supera i 20 metri , dopo una decina di km che non finiscono mai, arriviamo a Berbenno. Al distributore ci salutiamo, anche perché sono il solo che torna verso Lecco.

Mi guardo un po’ in giro e medito sulla strada per il ritorno. Lo sguardo è attratto dalla cima di una montagna dove si stagliano altissime, anche viste da relativamente lontano delle antenne per la ripetizione dei canali tv. Val Cava!

Se  arrivo in cima , dietro c’è la valle S.Martino e poi Lecco. Nel frattempo sono arrivato a S.Omobono terme e nel centro del paese chiedo informazioni. Mi dicono: prendi per Valsecca, Costa Valle Imagna e poi arrivi sul valico di Valcava dove puoi scendere a Calolziocorte. Detto e fatto, 12 km circa di strada stupenda, panorama mozzafiato, curve a non finire ed eccomi al valico. 1340m. In cima si può spaziare, da una parte la bergamasca con i sui colli, le valli e in lontananza la pianura. Dall’altro il lecchese, con i laghi, le montagne che cominciano a farsi importanti e sullo sfondo , magnifica, con le cime già imbiancate, la corona delle Alpi. Mi fermerei in contemplazione per tutto il giorno, terrei volentieri compagnia a dei turisti tedeschi che stesi al sole come lucertole si godono clima e paesaggio. Il tempo è tiranno e devo rientrare. La discesa è più impegnativa, la strada più stretta e accidentata, il traffico un po’ più presente. Torre de’ Busi, Calolziocorte, sono a casa. Quasi. Al semaforo affianco una custom blu scura. Una Vulcan1600. Saluto i due passeggeri che ricambiano. Nel momento di ripartire mi passa una drifter 1500 color panna. Bellissima. All’inseguimento , Complici due semafori però non riesco a raggiungerla, anche perché ha imboccato la galleria dell’attraversamento . Morale, non sapevo dove andare, ho incontrato gente simpatica, anche se su altre cavalcature, mi sono sciroppato 120 km di curve, di quelle vere , belle , che alla fine mi hanno lasciato proprio soddisfatto. Ah, mentre facevo le curve mi è venuto in mente anche Ego. Un giorno sarebbe bello rifarla insieme.(.........però ci prendiamo tutta la giornata   .....ha ha ha....:) ). Ciao

 

Il passo
Il passo
Il nucleo abitato di Valcava
Il nucleo abitato di Valcava
Le "antenne"
Le "antenne"
L'Adda forma i laghi di Garlate e Olginate
L'Adda forma i laghi di Garlate e Olginate
La pianura,
La pianura,

Lago d'Orta

 

Proprio questa domenica dovevano reintegrare l'ora legale? Mi sono alzato per andare alla Messa delle 7,30, cosi mi tolgo il”peso”mi dico. Ma sembro uno zombi. Però ho deciso , lago d'Orta e lago d'Orta sia. Mi aspettavo una giornata come ieri, stupenda, invece mi sembra proprio nuvolosa. Comincia male. Fa anche freddino. Però non mi sento di rinunciare, mi bardo come un elefante da parata e via. Questa volta non sono riuscito a corrompere nessuno, moglie e figlia mi hanno servito il due di picche e scaricato, una dopo l'altra, mio figlio non ne parliamo, se perde un secondo di morosa gli resta pure il segno, non sa ancora che ha tempo di stancarsi fino alla noia.... . Anche solo..., per me non è mai stato un problema, …..anzi, nessuno che pretende di insegnarmi ad andare in moto,...... che gli scappa la pipi appena dopo aver lasciato il distributore di carburante, ecc ecc. Però fa proprio freddo, ho già le mani intirizzite. Sono sulla provinciale per Como, all'altezza di Cesana B.za, davanti ad un bar mi fermo, così cambio i guanti e metto quelli invernali. Ci sono altre moto parcheggiate, sono le 8,30, qualcuno che si scalda con un caffè. Sento una pacca sulla spalla e un tizio che mi apostrofa simpaticamente. Cazz..... vuole questo? -“Non riconosci più i vecchi amici? Ti sei già rincoglionito? - “Pelato come una palla da biliardo, pizzetto grigio, ...facciamo brizzolato va, ...mai avuti amici così”. Una smorfia del viso, un'espressione dello sguardo e scoppia la scintilla, calano i veli pietosi del tempo e ricompare un volto solare, chioma sulle spalle ,occhi verdi, fisico atletico,.......-”Ma sei scemo.....,

dopo almeno 25 anni ricompari a questo modo, non ti vergogni?...... Beh, ritrovo un vecchio compagno con cui giocavo a calcio, era anche bravo, ora anche lui appassionato delle due ruote, cavalca un bmw gs. A tutti i costi vuole che mi aggreghi alla sua comitiva ( cazzo ma questo lago d'orta non vogliono proprio farmelo vedere) , resisto e prometto che organizzeremo una gita insieme (passeranno sicuramente altri 25 anni), ci salutiamo e riprendo la via maestra. Pochissimo traffico, velocemente raggiungo Como non prima di aver incrociato una numerosissima torma di Harley che marciava in senso contrario. A Camerlata prendo l'altra provinciale che, passando per Varese, mi porterà sulle rive del Ceresio, a Laveno Mombello.

Solitamente nei mesi estivi,ed anche prima, ci sono incolonnamenti chilometrici di auto in attesa per l'imbarco, oggi qualche auto e tre moto. Un traghetto è già al pontile d'attracco e gli automezzi stanno già sbarcando, fare il biglietto è un attimo, € 6,60 il costo della tratta di sola andata, per il ritorno ci penserò. Uno dei numerosi addetti alla navigazione mi invita ad imbarcarmi, comunque gentilmente mi informa che le partenze si alternano ogni 15 minuti, quindi non ci sono problemi. Mi affretto e sono il primo, perchè con la scusa del biglietto ho posizionato la moto davanti a tutti. Le operazioni d'imbarco si svolgono velocemente, intanto dalla leggera foschia che aleggia sul lago si materializza la sagoma di una nuova imbarcazione pronta a prendere il posto di quella su cui mi trovo. Accompagnato da un notevole aumento della frequenza delle vibrazioni e dal possente sforzo del motore, il traghetto lascia gli ormeggi e salpa alla volta di Ispra, sulla sponda piemontese del lago Maggiore. Continua a fare freddo, ora c'è anche una leggera brezza che spira da nord-est, fossimo sul lago di Como, ramo di Lecco, sicuramente parleremmo di “breva”, ma qui magari è chiamata diversamente. Tolgo il casco, i guanti, gli auricolari, mi accovaccio su una scaletta che porta al ponte superiore e approfitto del fatto che la nebbiolina si è dissolta per scattare qualche foto. La traversata è breve, una decina di minuti circa e il traghetto è giunto a destinazione.

Con la stessa rapidità, i mezzi sbarcano, con il sottoscritto a fare da apripista. Ispra, con Pallanza danno origine alla municipalità di Verbania, conosciuta e rinomata in tutto il mondo per la bellezza della natura e del clima,(però oggi fa freddo) per i prestigiosi alberghi, le principesche ville ottocentesche, da ricordare su tutte villa Giulia e la spettacolare villa Taranto, famosa per i suoi giardini e serre, che custodiscono migliaia di specie arborifere (perfino piante carnivore) e fiori provenienti da tutti i più remoti angoli della Terra. Intanto ho scollegato il navigatore, è di sicuro un aiuto molto gradito in molteplici situazioni, ma quando sono a “spasso” , non c'è nulla che possa rimpiazzare la tradizionale cartina, o, visto che naturalmente non l'ho portata, un buon “contatto umano”. Le indicazioni però sono chiare, come pure chiaro nella mia mente il percorso pianificato al computer la sera prima. Nel frattempo assecondo le indicazioni della segnaletica che mi indirizzano verso Gravellona Toce.

Il traffico è leggermente aumentato, sono le 10,30, con lo sguardo cerco l'insegna di un distributore perchè il conta km indica che ho percorso circa 120km. Consideriamo che da giugno 2007 viaggio con l'indicatore del carburante rotto, grazie sopratutto al “tempestivo” intervento della garanzia kawasaki, che in dieci mesi si è dimostrata incapace di risolvermi il problema. Forse ho qualche speranza per la prossima settimana, ma ormai sono rassegnato e non ci spero per niente. Comunque dicevo che per non rischiare, ogni 120-140km cerco di rifornire. Chi mi conosce sa che a questo punto scatta l' atavica antipatia, diciamo pure odio mal celato con istinto di rivalsa per i distributori selfservice di benzina. Infatti, immancabilmente, la stramaledetta vigliacca macchinetta mi risputa sdegnatamente per tre volte la banconota da 10€. La quarta replica, dove già sono evidenti i sintomi di una improvvisa crisi di nervi, va invece a buon fine, con buona

pace anche della colonna degli avventori che intanto si è formata alle mie spalle. Cazzo si son messi d'accordo per venire tutti adesso... . Finalmente riparto, ma non riesco neppure a percorrere 50 metri, che l'altra stramaledetta macchinetta incomincia a gracchiare ”caza...caza.....caza”. Come al solito tempismo perfetto.

Volete sapere chi è? Provate ad indovinare.

Entro nell'abitato di Omegna, sul lungo lago pochissima gente, Mi fermo un attimo e scatto un paio di foto.

Sono indeciso se continuare sino ad Orta, o se tentare di salire al Mottarone. Vediamo se trovo qualche indicazione...... . Costeggio per qualche km la riva, transito sotto il naso ad una pattuglia di carabinieri dall'aria un po' svogliata , poi, proprio all'uscita dell'abitato, sulla sinistra, il cartello giallo con l'indicazione per il Mottarone. Deciso, si va.

La strada incomincia da subito a salire con buona pendenza, dopo qualche km e un paio di tornanti si può già contemplare la vista sopraelevata del lago. Più che primaverile , ha un aspetto autunnale, con una leggera foschia che ne rende i contorni indefiniti. I boschi che la strada attraversa hanno ancora i rami spogli, l'erba dei prati non ha ancora preso vigore e la natura sembra essersi concessa una pausa, avvalorando la suggestione di essere immerso in una atmosfera un po' crepuscolare. Le nubi ora si fanno più scure e la temperatura, sembra più rigida. Incrocio alcune moto sportive, ho almeno il conforto di non essere l'unico “ disperato” su quel percorso. L'andatura è piacevole, le curve si alternano con buona frequenza, il fondo stradale è molto buono, senza buche e sconnessioni rilevanti. Man mano che si sale, ci si trova a viaggiare sul crinale delle colline, dove, nelle parti in ombra è rimasta qualche timida chiazza di neve.

Dopo aver percorso ancora qualche km , dal fondo valle in tutto sono 21, arrivo sul Mottarone.

A darmi il benvenuto ci pensano alcuni cartelli pubblicitari e le imponenti antenne dei ripetitori televisivi.

Sul ciglio della strada una piccola colonna di auto parcheggiate. Svolto la collina e con mia sorpresa mi trovo di fronte ad un crinale ancora innevato con uno skilift ancora in funzione. Sicuramente non me lo aspettavo, anche se il cartello altimetrico segna 1,430mt.

In compenso si gela. Meglio ritornare a quote più temperate.

Sto per ripartire quando vengo avvicinato da un tale che vuole sapere le caratteristiche e il prezzo della moto. Scambiamo quattro chiacchiere , poi non ce la faccio più e riparto. La discesa è tranquilla, anche se per i primi km mantengo un'andatura abbastanza lenta, il fondo stradale non trasmette la consueta sicurezza, perché sembra cosparso da una polvere finissima. Poi tutto ritorna normale e seguo le indicazioni per Orta S. Giulio. Nel frattempo le nubi si sono diradate e un pallido sole incomincia a scaldare l'aria. Lo scenario cambia, il grigiore che prima assorbiva ogni cosa , gradatamente si ritira , i colori si prendono ora la loro rivincita.

Villa Crespi
Villa Crespi

Sono alle soglie del paese, oltrepasso una rotonda e sulla sinistra osservo una costruzione stravagante , un'architettura non comune da queste parti più consona ai lidi d'oriente. Mi fermo e chiedo lumi al conducente di uno di quei trenini che portano i turisti nei centri storici di alcune città. Si tratta dell'albergo hotel villa Crespi. Siamo ad Orta San Giulio, nel cuore del Piemonte, a poche decine di chilometri dall’aeroporto di Milano Malpensa e questa villa fiabesca altro non è che la realizzazione del sogno di un innamorato dell’Oriente.

 

Si chiamava Cristoforo Benigno Crespi, era originario di Busto Arsizio. Incantato dal fascino di Baghdad dove comperava partite di cotone, si fece costruire nel 1879 una villa in stile moresco immersa in un parco degradante verso quel Lago dall’aria balsamica frequentato in gioventù.

 

Negli anni Trenta Villa Crespi venne acquistata dai Marchesi Fracassi di Torre Rossano e divenne un luogo di soggiorno di poeti e capitani d’industria, principesse e regnanti. Tra gli assidui frequentatori Umberto di Savoia e la Regina Margherita.

 

Agli inizi degli anni Novanta dopo essere stata centro di spiritualità e residenza privata, Villa Crespi venne trasformata dall’avvocato Raffaele Esposito di Sorrento in esclusivo Hotel dove natura, arte e storia si intrecciano per regalare ai suoi Ospiti un soggiorno ricco di sensazioni e ricordi indelebili. Caspita, cominciamo bene.

Proseguo lentamente e ben presto mi rendo conto che se voglio vedere di più dovrò abbandonare il mio mezzo e proseguire a piedi. Scendo per stradine acciottolate e mi addentro nel centro storico. Una vera meraviglia. Vengo da una città di lago e più o meno so cosa aspettarmi, ma Orta è un vero gioiello, pulito, curato in ogni particolare, con i palazzi più significativi sapientemente restaurati, con vie e piazzette lastricate, ristoranti e trattorie accattivanti senza essere invasive. Di fronte bellissima l'isola di S. Giulio.

Mi rendo conto che il tempo a disposizione non è sufficiente per approfondire la visita, mi fermo in un bar e mentre bevo un aperitivo, pianifico la possibilità di tornare per godermi con più calma questo luogo fantastico.

Recupero la fida vn900 e mi incammino sulla strada del ritorno, ripassando per Omegna, Ispra, di nuovo traghettando per Laveno, quindi Varese, Como e Lecco.

Anche questa domenica mi sono divertito, peccato forse il tempo, solo nel pomeriggio ho potuto apprezzare a pieno la dolce armonia di questi luoghi, ma mi sono ripromesso di ritornare, anche per assaporare le specialità culinarie, visto che alla fine mi sono “dimenticato” pure di pranzare.

Orta mi è talmente piaciuta che vi sono ritornato nel giro di poco tempo altre due volte, con mia moglie e mia figlia. E non è detto che non ci torni ancora..... .

 

 

 

Porto Venere e le 5Terre

Francesco e Veronica - 5 Terre
Francesco e Veronica - 5 Terre

Bene, dove si va Domenica ? A Firenze. Poi arriva un rompipalle che a Firenze c’è andato il venerdi precedente. Allora, allora si va a Livigno. Evviva. Ho già l'acquolina per i pizzoccheri, poi devo giusto sostituire il telefonino…… . Bene allora Domenica si va a Livigno. Ma neanche per sogno, Domenica sull’alta Valtellina sono previsti temporali. Si va alle 5 terre, cosi magari una su cinque la becchiamo. Classica situazione del bar dello sport dove quattro ragazzotti si accordano per il giro della Domenica. Potrebbe essere, quante volte è successo….. Invece sono ego e pj due Vrocers un po’ anomali che si preparano alla cavalcata domenicale. Oh cavalcata intesa come a cavallo delle moto, che di questi tempi è meglio non sollevare dubbi. Aspettiamo fino all’ultimo che si aggreghino anche bad e motogatto ( ma come ti è venuto questo nik?) niente, ce la danno buca.

Domenica mattina, cerco di svegliare Barbara per vedere se se la sente di venire. Si rigira un po’ nel letto, ma so che non è nelle migliori condizioni e la lascio riposare. Ora devo ricordarmi la strada per Arese, per un attimo la memoria mi va in tilt, poi comincio a fare chiarezza, si ,Arosio, la super per Milano, uscita Bollate poi ci siamo. Arrivo con un attimo di anticipo, ne approfitto chiedendo ad un passante se conosce una stazione di rifornimento, ma mi consiglia di tornare sulla varesina. Giungo di fronte alla casa di Francesco, armeggio un attimo con le borse, ma non riesco neanche a chiuderle che mi accoglie sul cancello e con la consueta disponibilità mi invita a salire a bere un caffè. Con lui c’è la sua compagna, veramente carina e simpatica e se prima della fine del riassunto non mi ricordo il nome vuol dire proprio che sono un pirla. Partiamo, sono circa le 9, una breve sosta per fare rifornimento e via. La giornata è splendida, Ego mi guida con sicurezza verso l’autostrada. Ci siamo, ritiriamo il biglietto e via. Ora la nota che più mi deprime: Francesco è uno dei due fortunati possessori di VN 2000. Lo osservo , da dietro, con malcelata invidia. La 2000 è veramente impressionante. Esprime potenza da tutte le angolazioni, la panciuta copertura posteriore da l’idea della coppia a disposizione di questo propulsore. Lo seguo e cerco di anticiparne le intenzioni per non fare brutta figura, se solo volesse gli basterebbe dare una pizzicatina al gas e …. ciao bello. Il percorso fino a Parma è la solita rottura di palle. Francesco fa strada, io seguo, poi….. mi torna un po’ in testa la polemica sul forum e allora provo ancora una volta i limiti della mia moto. Non mi tradisce e dopo averla lanciata un po’ tocca i fatidici 180 da contakm. La media comunque poi non si discosta di molto, 160-170, non ne ho visto di moto superarci. La compagna di Francesco da l’idea di essere su un trono. Quando raramente mi accosto la sua posizione è rilassata, mi dico questa moto è una vera tourer. Ci fermiamo per una breve sosta per fare il pieno. Alla ripartenza mi accorgo che la mia lancetta dell’indicatore del carburante è “morta”. Infatti è rimasta immobile a fondo scala. Ecco, ci voleva.

Imbocchiamo la deviazione per La Spezia, passiamo Langhirano e giunti a Fornovo la strada comincia a salire. I rettilinei ora si alternano a curve, la guida si fa più divertente e la maggior agilità della 900 (affiancata dall’abilità del pilota HAHAHAHA ) sembrano compensare la strapotenza del 2000. L’autostrada della Cisa è comunque sempre divertente e nonostante qualche automobilista cretino si impegni al massimo per rovinarci la passeggiata raggiungiamo la stazione in uscita. Qui passo mezz’ora a litigare con il casello automatico, alla fine riesco a passare anche se ho il dubbio di aver pagato due volte. Come entriamo nel traffico cittadino l’esperienza “milanese” di Francesco da subito i suoi frutti. Questo invece è uno dei miei limiti. Da sempre.

Io nel traffico mi accodo e non ho l’istinto di zigzagare fra le auto. Comunque La Spezia non è Milano e in un attimo siamo sulla strada che costeggiando il porto interno conduce oltrepassando baie e golfi a Portovenere. La località ovviamente è una perla del Mediterraneo, ma porca paletta per trovare un parcheggio, fra l'altro a “rischio” ci sono voluti 25 minuti. Fortunatamente siamo vicini ad un ristorantino, che fra l'altro già conoscevo per recenti motivi di lavoro. Mi faccio riconoscere e ci accomodiamo per pranzare. La compagnia di Francesco e di ............(che vergogna, mi scuso ancora) è amabilissima, chiaccherando del più e del meno, vroc meeting compreso, in un attimo si fanno le 14. Decidiamo che è ora di riprendere il cammino e di avviarci verso le cinque terre. Percorriamo a ritroso un po' di strada fino al limitare di La Spezia poi l'indicazione per Monterosso che imbocchiamo senza indugi.

La strada sale con buona pendenza, è tortuosa e le curve si alternano senza interruzioni, ma la carreggiata è larga e ci prmette di osservare il bellissimo scorcio che si apre sul golfo spezino.

Si possono notare una miriade di imbacazione che solcano il mare in ogni direzione, una grande nave da crociera e alcune navi da guerra alla fonda nell'arsenale. L'aria è fresca, anche se quando percorriamo tratti di strada al sole questo ci ricorda che siamo in piena estate. Procediamo con un abbigliamento leggero, ne approfittiamo anche per prendere un po' di “colore”, che nel mio caso si limita a varie tonalità di rosso. Arriviamo al limite del promontorio e oltrepassatolo la natura cambia improvvisamente, la macchia mediterranea che caratterizzava il versante del golfo lascia ora il posto a terrazzamenti coltivati a vite ed ulivi, naturalmente dove il sudore e la mano dell'umo sono riusciti a strappare lembi di terra coltivabile a scogliere e dirupi. Veramente suggestivo e molto bello, il tutto incorniciato da un cielo tersissimo che ancor di più risalta le varie gradazioni di verde delle coltivazioni . La strada alterna tratti larghi e ben asfaltati a tracciati più stretti ed impegnativi.

Francesco se la cava bene, ma la mole e l'interasse del 2000 si fanno sentire e forse denunciano un po' il limite di mezzi cosi dimensionati. La 900 è precisa e brillante, come ho già avuto occasione parecchie volte ormai di rimarcare, ben bilanciata e precisa negli inserimenti in curva, peccato per le pedane, che ormai mi fanno alzare d'istinto i piedi ogni volta che accentuo una piega. Ricordo la prima volta che sono venuto da queste parti, avevo una Guzzi V35C bianca, cui avevo sostituito cilindri e pistoni con quelli del modello 500. Ero attrezzato con borse laterali e bauletto, Emanuela, mia moglie, era “stravaccata” all'indietro, appoggiata al bauletto, con i capelli al vento e prendeva il sole. Il casco era retaggio di pochi. Ricordo anche che l'ultimo tratto era addirittura sterrato. Ci fermiamo un attimo a riposare, i km cominciano a farsi sentire, mentre Francesco si fuma una sigaretta (che fa male!) si decide di fare una capatina a Monterosso al mare che è l'ultima delle cinque località a disposizione. Scendiamo dalla mezza costa per qualche km fino alla riva del mare.Posteggiamo le moto, due passi, e riprendiamo le forze ad un tavolino di un chiosco.

Veronica e Francesco mi offrono una granita, no non è che mi sono ricordato il nome, l'ho chiesto ad ego in chat, la vergogna rimane, scattiamo una foto e riprendiamo questa volta le nostre cavalcature per il ritorno. Giriamo ancora un po' fra viti ed ulivi fino ad imboccare l'autostrada per Genova. Il traffico da subito è molto intenso, Francesco fa strada, ma fatico un po' a tenere il suo ritmo. I rallentamenti sono numerosi, solo quando il flusso delle auto procede più spedito riesco a raggiungerlo. La deviazione per Milano via Serravalle Scrivia, mi scappa un impropero, ma perchè va oltre? Poi penso, magari il Turchino è meno affollato e sicuramente la carreggiata a tre corsie consente una migliore viabilità. Però la mia speranza resta un'illusione, dopo un breve tratto la coda è di nuovo ferma. Si procede zizagando e a tratti impegnando la corsia d'emergenza. Ora anche le moto sono numerose e a volte ci si perde di vista. Nel frattempo il cielo si è coperto e la minaccia di pioggia è molto probabile. Dopo Ovada le visiera incomincia ad imperlarsi con le prime goccioline. Si viaggia quasi esclusivamente sulla corsia d'emegenza, tranne nei tratti impegnati dai lavori in corso. La pioggia si fa battente, ci fermiamo a ripararci sotto un cavalcavia. Ora sento evidente la stanchezza. Anche la tensione dovuta al traffico fa la sua parte. Dopo una ventina di minuti, le nuvole sembrano un po' diradarsi, qualche schiarita, decidiamo di ripartire. Però mi rendo conto che probabilmente Francesco ha ora un passo più scorrevole del mio, inoltre c'è il piccolo Alexander che li sta aspettando e la mia presenza non farebbe altro che attardarli. Decidiamo di salutarci li, anche perchè devo fare sempre i conti con l'indicatore del carburante fuori uso, quindi per me è d'obbligo una nuova sosta. Infatti, ripartiamo e dopo pochi km l'autogrill di Groppello Cairoli. Un cenno di saluto ed io entro a far rifornimento. Colgo l'occasione per telefonare a casa e vado a bere una coca. Quando riprendo l'autostrada non piove più. Anzi ricompare gradatamente il sereno e un po' alla volta mi asciugo anche. Il traffico è di molto diminuito. Al casello in uscita dall'autostrada un cartello avverte addirittura che la pista n°5 è riservata alle moto. Miracolo. Prendo la tangenziale est, poi il raccordo con la bretellina che porta sul v.le Elvezia e alle 21,30 arrivo a casa.

Non mi sento più cosi stanco, forse era proprio la tensione per il traffico. Controllo il parziale del conta km. Però, 725 km, non sono proprio pochi. Rincasato accendo il compiuter ed entro nel sito .Negli utenti in linea noto il nik di Ego. Bene anche lui è ritornato ed è andato tutto bene.

Ora sono più tranquillo e vado a cenare.

 

Indimenticabile ! Ciao Diego

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